In Nome degli Eroi: Il Sacrificio dei Monuments Men per la Salvezza dell'Arte
20/05/2024
Un po’ di contesto
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il regime nazista condusse una campagna sistematica di saccheggio di opere d’arte nei territori occupati. Questo fenomeno fu guidato principalmente da Adolf Hitler. Egli desiderava arricchire le collezioni d’arte personali e quelle dei musei tedeschi, infatti, aveva il progetto di creare un grande museo, il Führermuseum a Linz, che doveva ospitare le migliori opere d’arte del mondo.
L’ERR (Einsatzstab Reichsleiter Rosenberg), fondata e guidata da Alfred Rosemberg – un altro dei principali leader nazisti – fu l’organizzazione responsabile del saccheggio delle opere d’arte e dei beni culturali nei territori occupati; coordinava la ricerca, la catalogazione e il trasporto delle opere verso la Germania.
I nazisti miravano soprattutto alle collezioni d’arte di famiglie ebree, molte delle quali furono espropriate e i proprietari deportati nei campi di concentramento.
Anche i musei pubblici e privati non furono risparmiati; alcune opere furono distrutte, altre vendute sul mercato internazionale per finanziare lo sforzo bellico.
La Francia fu uno dei paesi più colpiti: di particolare rilevanza il museo Jeu de Paume di Parigi fu trasformato in un deposito centrale per le opere d’arte confiscate; venivano catalogate, fotografate e inviate in Germania. Con la collaborazione del regime fascista, anche l’Italia venne presa di mira. Firenze fu uno degli obbiettivi principali, fu saccheggiata e in parte distrutta, poi Roma, Venezia, Napoli, Pisa, Torino e così via.
Alcuni esempi di noti saccheggi sono: la “Madonna di Bruges” di Michelangelo, rubata dal Belgio e nascosta in una miniera di sale in Austria; “Danae” di Tiziano, rubata dalle collezioni del Museo di Capodimonte a Napoli e il “Polittico di Gand” di Jan van Eyck e Hubert van Eyck.


Ma c’è un lieto fine in questa storia? Ebbene si, grazie a degli eroi
George Stout, conservatore e restauratore al Fogg Art Museum di Harvard, fece pressione sul governo degli Stati Uniti per creare un’unità dedicata alla conservazione dell’arte nei territori di guerra; fu cosi che vennero ingaggiati i “Monuments Men“, una task force dedicata al recupero delle opere d’arte saccheggiate. Questo gruppo riuscì a recuperarne e a restituirne migliaia.
I suoi membri erano reclutati principalmente tra storici dell’arte, conservatori, archeologi, curatori e altri esperti del patrimonio culturale.
Molti Monuments Men operarono in prima linea, spesso sotto il fuoco nemico e in condizioni pericolose, mettendo a rischio la propria vita per proteggere e recuperare le opere. Il loro lavoro richiedeva non solo competenze culturali e artistiche, ma anche una notevole resistenza fisica e mentale. Inoltre, la loro missione non era solo una questione di preservare oggetti fisici, ma anche di salvaguardare l’eredità culturale e storica dell’umanità. Questo senso di dovere morale e impegno per la giustizia culturale li spinse a superare immense difficoltà. Recuperarono innumerevoli opere d’arte trafugate, tra cui capolavori di artisti come Michelangelo, Vermeer, Rembrandt e Van Eyck. Non solo restituirono tesori inestimabili ai loro legittimi proprietari, ma contribuirono anche a preservare importanti parti della cultura europea per le generazioni future, proteggendo e salvaguardando anche i monumenti.
La loro storia ha educato e sensibilizzato milioni di persone sull’importanza di proteggere il patrimonio culturale. Per loro, la protezione delle opere d’arte non era solo un compito, ma un profondo impegno morale. Essi comprendevano che rappresentava un legame vitale con il passato e un’eredità da tramandare alle generazioni future. Salvare queste opere significava preservare parte dell’identità e della memoria collettiva di intere nazioni e civiltà.
Proprio per questo, libri, documentari e film come “The Monuments Men” (2014)” hanno reso omaggio al loro eroismo e hanno mantenuto viva la memoria delle loro imprese.
Le loro gesta ci offrono preziose lezioni di coraggio, responsabilità, collaborazione e perseveranza. La loro storia ci ricorda che ogni individuo ha il potere di fare la differenza.



Laureanda in Scienze dei Beni Culturali all’Università degli Studi di Milano, Lucrezia si distingue per la sua determinazione ed empatia. Si occupa per QUAINT Art Magazine della scrittura di articoli, occupandosi trasversalmente di tutte le sezioni della rivista.
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