
Inaugura Fuori Defoeura: il format espositivo che promuove gli studenti di Brera
23/05/2024
Spazio Defoeura inaugura, dal 31 maggio al 2 giugno 2024, il suo nuovo format espositivo dal titolo “Fuori Defoeura”, volto a promuovere e valorizzare i lavori di giovani artisti dell’Accademia di Belle Arti di Brera.
La prima esposizione, intitolata “Fine Line”, è dedicata al pittore Martino Magnani (1999, Cesena) e allo scultore Gabriele Ricchiuti (2001, Desio).
La mostra, trova il suo filo conduttore nella centralità della linea: le opere di Ricchiuti e Magnani si intrecciano magistralmente attraverso l’uso distintivo della linea come elemento cardine della loro espressione artistica.
Ricchiuti, con le sue sculture, sfrutta la linea tridimensionalmente per creare composizioni che giocano con la spazialità e il movimento. Strutture che sfidano la gravità e invitano lo spettatore a esplorare una dimensione fragile ed intima.
Magnani nei suoi dipinti impiega linee intricate e dettagliate, che riescono a creare profondità e dinamismo su una superficie bidimensionale. Nelle sue opere la linea danza, crea personaggi e racconti da interpretare. Trame di movimenti, gesti e libertà.
Entrambi gli artisti, pur lavorando con media differenti, manifestano una padronanza della linea che trascende la mera delimitazione delle forme, trasformandola in un veicolo di espressione dinamica e fluida, capace di conferire alle loro opere un’identità unica e riconoscibile.


Gabriele Ricchiuti: fragilità, umorismo e costruzione
“Queste poche righe che seguono vogliono essere un accompagnamento al lavoro, alla ricerca. Un contorno, delle patatine fritte, golose e sfiziose, ricordandosi però che il piatto principale è un altro: le sculture […] esse esprimono un modo di essere, di esistere. Sono una presenza nello spazio. Esiste una relazione interna alle sculture, che le rende autonome. Ma queste sono comunque alla ricerca di altro, di un legame con lo spazio in cui sono inserite e con chi le osserva.” (Gabriele Ricchiuti)
Tramite queste poche righe, scritte dallo scultore Gabriele Ricchiuti, è possibile cogliere immediatamente lo spirito e la personalità del suo autore. Come le sue sculture, Ricchiuti, alberga in un equilibrio sottile tra ironia e profondità. Uno di quegli artisti che rifugge dal descrivere il proprio lavoro, a parlare secondo lui è la stessa scultura, che definisce come “la cosa più bella del mondo […] un vero e proprio modo di essere”.
Nato a Desio nel 2001, Ricchiuti manifesta fin dalla sua giovane età un interesse per l’ambito artistico e, per questo motivo, si iscrive al Liceo Artistico di Brera con indirizzo scenografico, frequentando dopodiché la Scuola di Scultura dell’Accademia di Belle Arti di Brera.
Le tre opere esposte in mostra – Vögel (2023), Indifferenti (2024) e Due linee in Coppia (2024 – rappresentano l’ultima produzione artistica di Ricchiuti.
Indubbiamente legate da una stessa sensibilità, le tre opere in ferro, si stagliano all’interno dello spazio contraddittoriamente, con la loro imponenza fragile, con un equilibrio instabile, pronte a non cedere o a cadere non appena qualcuno si appresti ad intervenire nello spazio.
Lo ribadisce lo stesso Ricchiuti durante una conversazione: “Le sculture che porterò qui hanno un legame. Sono i miei ultimi lavori e sono legati da uno stesso modo di fare. Il modo in cui stanno nello spazio. Direi che hanno lo stesso atteggiamento”.
A caratterizzare le opere è anche una leggerezza e grazia che evoca un dialogo silenzioso tra due entità. Ogni scultura sembra raccontare la storia di un incontro: due linee viaggiano parallele, si toccano e si influenzano reciprocamente, creando un’armonia visiva che riflette alcune dinamiche delle relazioni umane.
Il ferro, da materiale pesante e grezzo, si trasforma in metafora poetica delle interazioni e dei legami che definiscono la nostra esistenza.
“Non potrei però identificarlo in maniera chiara. Sono incontri. È un incontro interno alla scultura. È un incontro tra chi guarda la scultura e la scultura. Mio con la scultura. È sempre un incontro tra due poli” (Gabriele Ricchiuti).


Martino Magnani e la serie “Musical Portrait”: un viaggio tra le arti
Il pittore Martino Magnani incarna l’autentica essenza della creatività: un’anima inquieta, sempre in continuo cambiamento, che riesce a muoversi con agilità tra diversi mondi artistici. Intraprendente e sperimentatore, ha fatto propria l’arte come strumento di espressione.
Dopo aver inizialmente intrapreso gli studi di Giurisprudenza, Magnani decise di seguire la sua vera vocazione avvicinandosi dapprima al mondo del tatuaggio e poi a quello dell’arte. Un incontro inevitabile, sentito, ma pressoché casuale: tutto nacque quando acquistò un’IPad e iniziò a disegnare in digitale, da quel primo tocco sullo schermo, l’artista sentì “un trasporto totale, immersivo, che riusciva ad estraniarlo dal contesto” che lo portò ad abbandonare la sua vita a Bologna per recarsi a Milano e iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Le quattro opere esposte in mostra – Techno fever (2023), Night Walk (2024), Milano (2023) e 60% Of Water (2024) – appartengono alla serie pittorica “Musical Portrait”, nata dalla curiosità e dalla voglia dell’artista di mettere in relazione pittura e musica, per comprendere come queste si influenzino reciprocamente in un episodio di traduzione.
Le tavole, dedicate alla musica elettronica, sono il frutto dell’immersione totale di Magnani in specifici loop musicali, un processo lungo, definito talvolta dall’artista come “deleterio”. Dopo aver selezionato un set musicale di due o più ore, Magnani ha iniziato il suo processo creativo ascoltando liberamente la traccia musicale per oltre un’ora, dedicandosi solo in secondo momento alla pittura, continuando in un loop musicale ininterrotto volto a tradurre le sonorità in linee e colori.
“Continuavo a sentire suoni e quasi non ne potevo più, però in qualche modo vedevo che il mio fare si allineava alla musica, ne diventava un veicolo” (Martino Magnani)
All’interno delle sue opere il motivo dell’occhio ricorre frequentemente, quasi a suggerire temi inerenti all’osservazione, all’introspezione e alla vigilanza, creando una connessione inconscia con l’osservatore.
Tuttavia, come dimostrano le opere e come afferma l’artista stesso, l’obbiettivo non è quello di raffigurare qualcosa di leggibile e chiaro ma, piuttosto, evocare realtà possibili, immagini che possano essere lette dallo spettatore in modo libero, grazie a un fenomeno di proiezione.
L’opera di Martino Magnani si erge come un manifesto sull’interrelazione tra forme d’arte, sulla sinergia tra linguaggi visivi e sonori, invitando il pubblico ad andare oltre la superficie per scoprire il potere trasformativo della creatività.
Linee e forme, nelle sue opere, danzano al ritmo dell’ispirazione, tessendo una narrativa visiva da scoprire.


La mostra “Fine Line” sarà visitabile presso Spazio Defoeura, in via Neera 24 (Milano):
Venerdì 31 maggio dalle ore 18:00 alle ore 23:00
Sabato 1 giugno dalle ore 17:00 alle ore 23:00
Domenica 2 giugno dalle ore 9:00 alle ore 12:00.

Laureata in “Arti, Spettacolo ed Eventi Culturali” all’Università IULM di Milano, si specializza in comunicazione per la cultura. Fondatrice di QUAINT Art Magazine nel 2024, si occupa trasversalmente di tutte le sezioni della rivista.
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