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La Fotografia come Atto di Resistenza LGBTQ+. Il Messaggio di Zanele Muholi

02/04/2024

Zanele Muholi attraverso le sue fotografie rompeva e rompe un silenzio insopportabile, un’omertà diffusa in Sud Africa come in gran parte del mondo, della violenza omofoba. Zanele lotta per la visibilità e l’affermazione dell’identità lesbica. Rendendo visibili le contrapposizioni tra generi e luoghi, raccontando come le discriminazioni abbiano sempre un carattere di intersezionalità: razze, classi, sessi ed orientamenti sessuali.

Artista, fotografa, attivista: Zanele Muholi

 

Nata nel 1972 a Umlazi, una cittadina del KwaZulu-Natal in Sud Africa. Zanele Muholi è un’artista, fotografa e attivista impegnata nella causa LGBTQ+.

Nel 2002 ha contribuito a fondare il Forum for the Empowerment of Women (FEW), un’organizzazione femminista lesbica nera che si impegna nella difesa, educazione e azione per garantire che le lesbiche nere godano di libertà.

Ha frequentato la scuola di fotografia Market Photo Workshop a Johannesburg (Sud Africa) e presentato la prima mostra personale nel 2004 alla Johannesburg Art Gallery. Dopodiché ha proseguito con un Master of Fine Arts a Toronto e nella sua tesi ha studiato le rappresentazioni visive del lesbismo nero nel Sud Africa post-apartheid.

Nel 2017 è stata un’artista di punta della mostra Art / Africa organizzata dalla Fondazione Louis Vuitton e nel 2019 è stata invitata ad esporre nella Biennale di Venezia.

La Fotografia: uno strumento contraddittorio

 

Sebbene l’Ottocento, grazie all’invenzione della fotografia, sia stato un secolo determinante per la storia delle rappresentazioni del mondo; non fece che rafforzare i cliché riguardanti gli “indigeni” e i popoli lontani: le fotografie dell’epoca mostravano corpi nudi in scene esotiche, stereotipizzando il loro modo di vivere, proponendone una visione distorta. Consolidando le regole che erano già state stabilite dalle pittura orientalista.

I soggetti fotografati erano trasformati in oggetti, paradigmi di esotismo, erotismo e primitivismo.

Come affermò la stessa Zanele Muholi: «Sin dall’avvento del colonialismo in Africa, il corpo nero femminile è stato trattato come oggetto da esplorare dalla scienza occidentale e come spettacolo per il consumo europeo. Dunque, io ho scelto attivamente di lavorare contro tutto questo attraverso la fotografia» (2009).

L’obbiettivo di Zanele è produrre immagini che non siano uno spettacolo esclusivo per lo sguardo maschile ma, piuttosto, che aiutino a re-immaginare il suo mondo di appartenenza: quello delle lesbiche nere del Sud Africa.

Alcune fotografie della serie "Faces & Phases" di Zanele Muholi. STEVENSON.

Faces & Phases: una lotta per la visibilità della comunità queer

 

«Di fronte a tutte le sfide che le donne lesbiche nere incontrano ogni giorno, ho intrapreso un viaggio di attivismo visivo per assicurare visibilità alla comunità queer nera. È importante marcare, mappare e preservare i nostri movimenti attraverso storie visive di riferimento per i posteri, in modo che le future generazioni possano sapere che siamo state qui». (Zanele Muholi)

Il corpus fotografico “Faces & Phases” racconta la distanza tra le leggi e il vissuto, tra diritti riconosciuti dalla Costituzione (il Sud Africa legalizzò il matrimonio tra persone dello stesso sesso nel 2006) e pratiche violente di discriminazione ancora in uso, come quella dello stupro correttivo.

Zanele crea un archivio visuale. Sovverte il rapporto fotografia-oggetto: le donne, da oggetti rappresentati divengono soggetti che producono la loro storia.

Nella serie Faces & Phases, Zanele Muholi mette insieme centinaia di ritratti che sfidano lo stigma con l’affermazione del loro essere lì davanti allo spettatore.

La serie fotografica è nata nel 2006 e si è sviluppata grazie a un continuo confronto che l’artista ha avuto con la comunità lesbica nera delle tante townships che ha girato a Cape Town e a Gauteng.

Visi di donne e uomini trans, per lo più a mezzo busto, davanti a sfondi neutri. Guardano lo spettatore in modo fermo, sfidando la posa frontale stereotipata della ritrattistica tradizionale. Sono vittime di abusi e di odio omofobico ma mostrano un’espressione impassibile, coraggiosa, sono fiere di esporsi.

Muholi sovverte l’ordine dell’immagine diffusa della vittima, attraverso ritratti che mostrano una forte resistenza alla violenza. Volti reali, che vivono, soffrono e combattono tutti i giorni.

Being: tra uguaglianza e differenza

 

Nella serie fotografica Being il soggetto principale sono i corpi, il loro intreccio e lo spazio che li ospita, delineando un’esplorazione profondamente personale e politica dell’identità e della presenza della comunità LGBTQ+ nera.

In Being Zanele Muholi presenta lo spazio privato. All’interno delle mura domestiche, riprende l’erotismo e la quotidianità delle lesbiche nere, giocando contemporaneamente su due registri fondamentali: l’uguaglianza, comunicata dal comune agire e dalle pratiche quotidiane che vanno oltre l’orientamento sessuale; e la differenza, mostrando lo spazio domestico come il luogo in cui l’affettività gay e lesbica può esprimersi.

Zanele offre allo spettatore una visione intima ed universale dell’umanità. Ampliando le nozioni di bellezza, visibilità, inclusione.

“Being”, come tutto il lavoro fotografico di Zanele Muholi, va oltre la fotografia stessa. È un atto di amore e attivismo, un progetto di vita che documenta e preserva le storie di chi, troppo spesso, è stato marginalizzato o reso invisibile.

“L’arte deve essere politica o, lasciatemi dire, che la mia arte è politica. Non è per lo spettacolo. Non è per giocare.” (Zanele Muholi)

Dalla serie "Being" di Zanele Muholi (2007) STEVENSON
Being. Zanele Muholi
Dalla serie "Being" di Zanele Muholi (2007) STEVENSON
Sarah Asia Priscilla Caruso

Laureata in “Arti, Spettacolo ed Eventi Culturali” all’Università IULM di Milano, si specializza in comunicazione per la cultura. Fondatrice di QUAINT Art Magazine nel 2024, si occupa trasversalmente di tutte le sezioni della rivista.

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