
Per quanto sia costume pensare che agli albori del cinema i film fossero estremamente lunghi, si tratta in realtà di un luogo comune.
Ciò non significa però che nel periodo storico attuale i film non abbiano subito un accorciamento a livello di minutaggio, anche a causa di un generale abbassamento della soglia di attenzione degli spettatori. Anche in questo caso, però, è più corretto dire che i prodotti audiovisivi di lunga durata sono semplicemente in numero inferiore rispetto al passato – abbiamo visto eccezioni nel cinema mainstream nel 2023 grazie a pellicole come Killers of the Flower Moon (dir. Martin Scorsese) o Oppenheimer (dir. Christopher Nolan). Se ci si addentra poi nel cinema sperimentale – comprendendo anche l’ambito delle installazioni audiovisive – la durata può arrivare ad essere estremamente più lunga – anche ben oltre le sette ore, se prendiamo come esempio un film come Sàtàntangò (dir. Béla Tarr).
Una delle video installazioni di questo tipo più conosciute – considerata anche tra quelle dalla durata più estesa – è sicuramente Logistics (o Logistics Art Project). Dietro a questo progetto ci sono gli artisti Erika Magnusson, set designer, e Daniel Andersson, video artist e lighting designer. Entrambi si sono formati presso l’Accademia d’Arte Drammatica di Stoccolma e proprio nell’anno accademico 2010/2011 i due hanno lavorato assieme alla creazione e produzione di Logistics, all’interno di un programma organizzato dal Royal Institute of Arts. La video installazione è stata resa possibile anche grazie ai fondi forniti da Kulturbryggan e la fondazione Innovative Kultur. L’opera è stata poi presentata al pubblico nel 2012, per la prima volta alla City Library di Uppsala e successivamente alla House of Culture di Stoccolma.
Di cosa tratta Logistics
In cosa consiste dunque Logistics? E quanto dura esattamente?
Il video protagonista dell’installazione dura ben 37 giorni e segue il percorso di una gigantesca nave container intenta in un viaggio che parte dalla Svezia per arrivare fino in Cina. Più precisamente, la nave è salpata dal porto di Gothenburg per attraccare nella destinazione finale del porto di Shenzhen. Come si può leggere dalla dichiarazione degli stessi artisti reperibile sul sito ufficiale del progetto, questo è nato dalla fascinazione che i due artisti hanno riscontrato nell’osservare le merci più semplici e di uso quotidiano (Kinder eggs, mobile phone circuit boards, coffee machines…) le quali per arrivare sugli scaffali dei negozi e nelle case di tutti necessitano di incredibili sforzi logistici. In questo caso, però, la ripresa segue il percorso delle merci a ritroso, in una sorta di rewind, partendo dalla destinazione per arrivare non solo al paese di origine, ma direttamente alla fabbrica in cui queste merci sono state prodotte, in questo caso, una fabbrica sita a Bao’an.
Magnusson e Andersson hanno ideato Logistics nel 2008, partendo semplicemente dalla ricerca del significato della parola “logistics”, per poi realizzarlo quattro anni dopo.
Gli stessi artisti parlano del progetto come di un lavoro su “Tempo e Consumo”, non a caso entrambi con la lettera maiuscola. Questi sono i due elementi che portano alla luce ciò che nel nostro mondo digitalizzato ed estremamente velocizzato (digital, ostensibly fast-paced world) viene reso invisibile e minimizzato.
Logistics: il film più lungo della corrente slow cinema
Nonostante Logistics faccia effettivamente riferimento ad un più nutrito e longevo genere cinematografico come quello dello slow cinema – legato a sua volta ad un più ampio movimento nell’ambito dell’art cinema – questa video installazione può essere ugualmente considerata un unicum.
Lo slow cinema – anche detto contemplative cinema per la sua capacità di indurre uno status contemplativo nello spettatore – si fonda sull’uso di uno stile di ripresa minimalista e dall’assenza o dalla presenza minima di una struttura narrativa. Tra i registi che sono rimasti scolpiti nella storia del cinema per il loro contributo a questo genere troviamo artisti come Andrei Tarkovsky e il già citato Béla Tarr. Per rimanere invece in ambito italiano, si possono citare Michelangelo Antonioni e Pier Paolo Pasolini.
La peculiarità di Logistics, per quanto possa sembrare la parte meno incidente, è proprio la durata. Non si tratta però di una questione di pura sorpresa o curiosità che lo spettatore potrebbe provare, bensì di ciò che la durata stessa ci dice di noi spettatori e della nostra capacità di porre attenzione. Non solo l’attenzione su ciò che guardiamo in un dato momento, come potrebbe valere per la video installazione stessa, ma anche l’attenzione che diamo a ciò che ci circonda, a ciò che percepiamo, e come siamo in grado di dare tutto questo completamente per scontato.
Logistics è un esperimento riuscito?
Per quanto l’intento sia interessante, così come lo è l’astrazione totale del ragionamento sull’attenzione e sulla presenza mentale, ciò non significa che questo progetto non possa presentare dei lati in parte criticabili.
La durata di 37 ore non permette per definizione una visione continua e attenta. Questo non tanto per un abbassamento della soglia dell’attenzione degli individui ma per il limite naturale dell’attenzione umana. Dunque, per quanto possa essere un’interessante critica, la video installazione potrebbe non centrare l’obiettivo ed essere meno efficace e tagliente del previsto, rischiando semplicemente di diventare un sottofondo visivo per chi sta assistendo.
Inoltre, anche se può essere una considerazione non condivisibile, il ragionamento sottostante alla creazione di questo progetto potrebbe risultare per alcuni troppo astratto e, di nuovo, poco efficace per tale motivo.
Trovare delle problematiche o delle fallacie a Logistics, così come ad altre opere sperimentali e di slow cinema, non significa che l’opera sia da considerare completamente non riuscita. Al contrario, analizzare al meglio le opere e le azioni di maggior sperimentazione rende possibile la creazione di un pensiero critico maggiormente articolato. Un pensiero che si può trasformare in azione, sia da parte degli artisti che da parte del pubblico e dei fruitori, e che può dunque arrivare a perfezionare l’opera finale, qualsiasi sia il suo intento e qualsiasi sia la sua forma.

Laureanda in Communication and New Media for Creative Industries all’Università degli Studi di Parma. Martina scrive per diverse testate online e si occupa per QUAINT Art Magazine della sezione Arte & Cinema.
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